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 <div class="wpb_wrapper"> <p>Per gli scienziati<strong> le microplastiche nell'acqua che beviamo non sono pericolose</strong>, almeno nelle quantità e dimensioni a cui si possono trovare oggi. È quanto si apprendo da un recente report pubblicato dall’<strong>Organizzazione Mondiale della Sanità</strong> o OMS, in cui gli esperti hanno valutato i possibili rischi delle microplastiche nell’acqua. Nonostante il problema sia sotto i riflettori da anni, <strong>gli studi che valutano l’impatto di questi agenti inquinanti sul nostro organismo sono relativamente pochi</strong>.</p> </div> 

 <div class="wpb_wrapper"> <h2>Cosa pensano gli scienziati delle microplastiche</h2> <p>La situazione che fotografano gli scienziati nei loro studi sembra drammatica per quanto riguarda la <strong>diffusione delle microplastiche nell’ambiente</strong>: praticamente non esiste più alcuna zona del globo che non sia stata contaminata da particelle microscopiche di plastiche. Questi materiali riescono sempre più facilmente a inserirsi nelle <strong>catene alimentari marine</strong>, consumati da organismi molto piccoli che scambiano la plastica come materiale organico.</p> </div> 

 <div class="wpb_wrapper"> <p>Frammenti di materiale sintetico possono addirittura<strong> finire nell’acqua che beviamo</strong>, nonostante su questo punto gli scienziati siano relativamente tranquilli: <strong>i sistemi che filtrano l’acqua degli scarichi nelle nostre città riescono a bloccare il 90% delle microplastiche</strong> e ciò che riesce a passare è in una concentrazione tale da, almeno per il momento, non sembrare pericolosa.</p> </div> 

 <div class="wpb_wrapper"> <p>Nonostante questo gli scienziati hanno sottolineato la necessità di <strong>diminuire il consumo di plastica</strong>, aumentando l’impegno nel riciclare quella già utilizzata, oltre a condurre un maggior numero di studi sull’argomento in modo tale da raccogliere più dati. Ora come ora <strong>la plastica introdotta nel nostro organismo non reagisce in alcun modo con il nostro metabolismo</strong>, ma le cose potrebbero cambiare.</p> </div> 

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Secondo l’OMS le microplastiche nell’acqua, nelle concentrazioni attuali, non sarebbero pericolose, ma gli scienziati sottolineano la necessità di nuovi studi per confermarlo. 

Le microplastiche nell'acqua sono pericolose?

 <div class="wpb_wrapper"> <p>Cosa sono le <strong>microplastiche</strong> e quante ne ingeriamo ogni settimana? Da dove arrivano? Sono tutte domande alle quali hanno cercato di dare risposta i ricercatori dell’Università di Newcastle (Australia) in <strong>uno studio commissionato dal WWF</strong>. La risposta sconcertante e per nulla «definitiva» è che ogni settimana ciascuno di noi ingerisce una quantità di micro plastiche pari ad una carta di credito, ossia circa 5 grammi. Gli effetti sull’organismo, non essendosi verificata mai prima d’ora una situazione del genere, non sono noti.</p> </div> 

 <div class="wpb_wrapper"> <h2>Cosa sono le microplastiche?</h2> <p>Quando si parla di <strong>microplastiche</strong> ci si riferisce a <strong>particelle di plastica</strong> di dimensione compresa tra i <strong>330 micrometri</strong> e i <strong>5 mm</strong> (particelle di dimensioni inferiori vengono chiamate <strong>nanoplastiche</strong>). Sono il risultato della disgregazione delle cosiddette plastiche prime per azione del vento, dell’acqua, del sale o di altri batteri.</p> </div> 

 <div class="wpb_wrapper"> <p>Alcune componenti della plastica però non sono degradabili. Sono i cosiddetti<strong> inquinanti organici resistenti</strong> (POP) che oltre a essere <strong>tossici</strong> resistono alla decomposizione e finiscono nel nostro organismo attraverso l’alimentazione. Sale, pesce, verdure, ma anche acqua sono gli alimenti con il tasso più alto di presenza di microplastiche che ci porta a ingerirne ogni settimana oltre 2000.</p> <h2>Da dove arrivano le microplastiche?</h2> <p>Contrariamente a quanto si possa pensare, le microplastiche non sono solo il risultato della disgregazione dei <strong>rifiuti plastici abbandonati in mare</strong>. Ci sono molti altri settori che concorrono a innalzare notevolmente il quantitativo, primo tra tutti quello tessile. Gli abiti realizzati con <strong>fibre sintetiche</strong> stanno via via soppiantando quelli in cotone, ma pochi sanno che durante il lavaggio, le <strong>fibre vengono erose dalla lavatrice</strong> e finiscono direttamente nel <strong>sistema idrico</strong> dal momento che i normali depuratori non sono in grado di fermarle. Anche alcuni prodotti per l’igiene quotidiana contengono <strong>microsfere di plastica</strong>. Basti pensare agli scrub per il viso e ai dentifrici.</p> </div> 

 <div class="wpb_wrapper"> <p>Il discorso non può certo dirsi concluso: lo <strong>sfregamento degli pneumatici sull’asfalto</strong> genera microplastiche che, trasportate dal vento e dall’acqua, possono arrivare a oltre <strong>100 km di distanza</strong>, inquinando luoghi incontaminati. Anche la pesca contribuisce ad aggravare il problema: non è raro infatti che i pescatori abbandonino in mare reti rovinate o rifiuti di plastica nonostante un accordo internazionale del 1988 lo vieti espressamente. Qual è il futuro del nostro pianeta e della nostra salute non è dato a sapere. Certo è che l’aumento esponenziale del quantitativo di plastica prodotta (si è passati da 1,5 milioni a 280 milioni di tonnellate l’anno), non può che peggiorare la situazione. C’è da sperare che il <strong>divieto di utilizzo della plastica monouso</strong> che entrerà in vigore in modo definitivo nel <strong>2021</strong>, aiuti a rallentare questo trend negativo.</p> </div> 

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Quante microplastiche ingeriamo senza saperlo ogni settimana? Cosa sono? Da dove arrivano? E soprattutto, quanto sono dannose? Facciamo un po’ di chiarezza.

Microplastiche: quante ne ingeriamo senza saperlo?

 <div class="wpb_wrapper"> <p>Un singolo ciclo in lavatrice rilascia<strong> centinaia di migliaia di fibre</strong> di microplastica che finiscono negli scarichi e infine in fiumi e mari. Secondo le stime circa <strong>un terzo</strong> di tutte le microplastiche presenti negli oceani hanno la loro origine da vestiti sintetici. <strong>Poliestere e nylon</strong> rappresentano circa il 60% di tutti i <strong>tessuti</strong> del mondo, il problema quindi è tutt’altro che circoscritto, visto che le microplastiche in mare potrebbero addirittura aumentare.</p> </div> 

 <div class="wpb_wrapper"> <p>I ricercatori hanno poi eseguito anche dei test in laboratorio offrendo ai coralli la scelta se nutrirsi di un loro<strong> cibo naturale</strong> come uova di artemia oppure piccole perline microplastiche. Tra lo stupore generale, in ogni circostanza i coralli hanno finito per <strong>ingerire fino a due volte la quantità di plastica</strong> rispetto a quella di uova. Non solo: spesso, dopo che il loro stomaco era stato riempito di plastica dal valore nutritivo nullo, i coralli finivano per <strong>smettere completamente di mangiare</strong> correndo quindi il rischio di morire letteralmente di fame. Questo, secondo i ricercatori, significa che i coralli di fatto preferiscono la plastica al loro cibo naturale.</p> </div> 

 <div class="wpb_wrapper"> <p>Proprio il rischio delle microplastiche come <strong>trasmettitore di malattie</strong> sarebbe stato, secondo i ricercatori, fino ad ora<strong> fortemente sottovalutato</strong>, proprio per la tendenza dei batteri ad annidarsi sui residui plastici spesso provenienti da rifiuti e discariche. Resta ora da stabilire quanto effettivamente esteso sia il problema, soprattutto per altre specie di coralli, e quanto questo possa<strong> influire sull’intero ecosistema marino. </strong></p> </div> 

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Una inquietante ricerca ha mostrato come i coralli finiscano per preferire le microplastiche al loro cibo naturale anche se questo può portarli alla morte.  A rischio l’ecosistema marino.

I coralli preferiscono le microplastiche al cibo naturale

 <div class="wpb_wrapper"> <p>I ricercatori starebbero inoltre realizzando una <strong>app per smartphone</strong> per consentire agli utenti di controllare e monitorare il funzionamento del filtro. La app servirebbe anche come strumento di <strong>raccoglimento dati</strong> per migliorare il processo e produrre un filtro più efficiente. L’attenzione è al momento focalizzata sulle lavatrici domestiche ma, in teoria, dicono i ricercatori, sarebbe possibile applicarlo anche i<strong>ndustrie tessili e impianti di trattamento dei reflui.</strong></p> </div> 

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Scienza

Lavare vestiti sintetici rilascia microplastiche che finiscono negli scarichi. Ricercatori hanno ideato un nuovo filtro per lavatrice in grado di risolvere il problema.

Microplastiche in mare: la soluzione è un nuovo filtro per lavatrice

http://www.innaturale.com/wp-content/uploads/2017/07/denis_venturi.jpg

Laureato in Scienze Politiche e Comunicazione Pubblica, ha lavorato in radio e nel tempo libero si dedica alla scrittura creativa. Da sempre appassionato di cultura, scienza e tecnologia è costantemente a caccia di nuove curiosità in grado di cambiare il mondo in cui viviamo.

Denis Venturi

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Anche gli animali scelgono dei leader in base a caratteristiche ben precise che aumentano la sopravvivenza di tutto il gruppo sociale

Come scelgono il leader del branco gli animali?

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Scopriamo insieme alcune delle frasi più famose sulla natura di Leonardo da Vinci, il poliedrico artista del Rinascimento

Leonardo da Vinci, le sue frasi più famose sulla natura

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Sono oltre 41mila le specie considerate a rischio estinzione ma per alcuni animali in particolare il rischio è elevato e imminente

Biodiversità: ecco gli animali a rischio estinzione critico

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La pianta di carrubo resiste bene alla siccità e suscita nuovo interesse di fronte alle prospettive del cambiamento climatico

Pianta di Carrubo, dal frutto alla simbologia: tutto ciò che c’è da sapere

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